Il principio dei sifoni rovesciati era ben conosciuto a Roma e dal II secolo a.C. erano di uso corrente sia negli impianti idraulici domestici che nei grandi acquedotti del paese. Vengono studiati i resti archeologici dei sifoni tipici, in particolare quelli intorno a Lione, e un'analisi dell'idraulica del loro funzionamento identifica tre sollecitazioni a cui erano sottoposti: pressione statica, frizione e inerzia (= velocitá dell'acqua in movimento). Nonostante la ‘vis spiritus’ di Vitruvio, la pressione dell'aria non rappresentava una difficoltá perchè i sifoni ne erano privi. Esisteva la pressione dell'acqua e, per la legge di fisica idraulica, questa non poteva essere regolata da valvole limitatrici di pressione, ventose o altri dispositivi simili; poteva soltanto essere contenuta, e i ‘colliviaria’ di Vitruvio sono identificati come rubinetti di drenaggio usati anche per la depurazione. Tuttavia, le tubazioni romane erano completamente in grado di resistere alle altissime pressioni prodotte sul fondo dei grandi sifoni e, al contrario di quanto comunemente si crede, la pressione non rappresentava un vero problema nel rifornimento idrico romano, nè i romani tentavano di evitarlo in modo particolare. Ció é dimostrato dalle grandi dimensioni dei sifoni di cui é conosciuto il buon funzionamento — Beaunant, lungo km. 2½ e profondo m. 123, era piú alto di due Ponts du Gard, uno sull'altro, e le sue tubazioni resistevano a una pressione di 12 atmosfere. Se i sifoni non furono usati piú largamente, la cause é probabilmente economica e non tecnica, dato che i ponti in muratura erano meno costosi del trasporto del piombo per le tubazioni.