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MODELLI D'INTERPRETAZIONE DEL SISTEMA SOVIETICO
Published online by Cambridge University Press: 14 June 2016
Introduzione
L'uso dei modelli è assai frequente nelle scienze sociali, come anche il tentativo di classificarli. Nel caso del sistema politico sovietico, poi, lo sviluppo di una grande varietà di tali modelli è diretta conseguenza della crescita dell'interesse da parte degli studiosi occidentali per questo settore dell'analisi politologica, dagli inizi degli anni ‘50 in poi. I motivi di tale rinnovato interesse sono due. In primo luogo, a quella data, il comunismo sovietico cessa di essere un'esperienza singola dal momento che, già da qualche anno, regimi comunisti si sono sviluppati in tutta l'Europa Orientale e in Cina, e questo consente la comparazione tra sistemi comunisti e, quindi, la valutazione delle differenze derivanti dall'impatto di una stessa ideologia su società con tradizioni e culture molto diverse. In secondo luogo, con la fine dello stalinismo, gli studiosi occidentali entrano in possesso di una grande quantità di dati e informazioni su tutto il sistema sovietico, dati che, per quanto spesso imprecisi ed incompleti — come del resto per tanti aspetti lo sono tutt'oggi — forniscono nuovo materiale attraverso il quale studiare l'esperienza del comunismo russo. Tali informazioni si sono arricchite anno per anno, non solo per la maggiore «apertura» del regime politico, ma anche per l'accrescersi del fenomeno migratorio clandestino, al quale dobbiamo, per esempio, molte notizie relative allo stato passato e presente dell'apparato «terroristico».
- Type
- Rassegne
- Information
- Italian Political Science Review / Rivista Italiana di Scienza Politica , Volume 10 , Issue 3 , December 1980 , pp. 485 - 520
- Copyright
- Copyright © Società Italiana di Scienza Politica
References
1 Cfr. Bruschi, A., La teoria dei modelli nelle scienze sociali , Bologna, Il Mulino, 1971, p. 39. Si vedano anche le osservazioni di Alex Inkeles, What is Sociology?, New Jersey, Prentice-Hall Inc., 1964, pp. 28–46, tr. it. Introduzione alla sociologia, Bologna, Il Mulino, 1967.Google Scholar
2 Cfr. Bruschi, , op. cit. , p. 40.Google Scholar
3 Sui problemi relativi all'approccio comparato negli studi dei regimi comunisti, si è sviluppato fino a tutti gli anni Sessanta un nutrito dibattito. Tra gli articoli piú significativi segnalo: Skilling, H.G., Soviet and Communist Politics: A Comparative Approach , in «Journal of Politics», XXII (1960), pp. 300–313; Tucker, R., On the Comparative Study of Communism, in «World Politics», XIX (1967), pp. 242–257; Shoup, P., Comparing Communist Nations: Prospects for An Empirical Approach, in «The American Science Political Review», LXII (1968), pp. 185–204.Google Scholar
4 Cfr. sull'argomento Urbani, G., Metodi, approcci e teorie , in Sartori, G. (a cura di), Antologia di scienza politica, Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 31–53.Google Scholar
5 Cfr. Bell, D., Ten Theories in Search of Reality: The Prediction of Soviet Behavior in the Social Sciences , in Dallin, Alexander (a cura di), Soviet Conduct in World Affairs, New York, Columbia University Press, 1960, pp. 1–35.Google Scholar
6 Cfr. Inkeles, A., Modelli per l'analisi della società sovietica , in «L'Est», II (1966), pp. 115–134. Cfr. Tarschys, anche D., The Soviet Political System: Three Models, in «European Journal of Political Research», III (1977), pp. 287–318, il quale però presenta i modelli totalitario, «pluralistico» (o dei gruppi) e burocratico.Google Scholar
7 Per una dettagliata trattazione delle origini del termine rinvio a Fisichella, D., Analisi del totalitarismo, Messina-Firenze, D'Anna, 1978 2 , pp. 15–28.Google Scholar
8 Arendt, H., The Origins of Totalitarianism , New York, 1951, trad. it. Le origini del totalitarismo, Milano, Comunità, 19673 .Google Scholar
9 Arendt, , op. cit. , pp. 423–451.Google Scholar
10 Il carattere tutt'altro che monolitico dei regimi totalitari, oltre che dalla Arendt (op. cit.), p. 543), è stato sottolineato anche da Fisichella, op. cit., p. 121: «Il punto è che il sistema totalitario non presenta né unicità, né organicità né omogeneità».Google Scholar
11 Si vedano Friedrich, C., Totalitarianism , Cambridge, Harvard University Press, 1953, e Friedrich, C. e Brzezinski, Z., Totalitarian Dictatorship and Autocracy, Cambridge, Harvard University Press, 1956.Google Scholar
12 Sui caratteri della società di massa cfr.: Kornhauser, W., The Politics of the Mass Society, Glencoe, Free Press, 1959.Google Scholar
13 Tra gli studiosi dell'Unione Sovietica che utilizzano il modello totalitario c'è chi privilegia l'analisi delle istituzioni politiche e chi invece quella dei fini del regime (ideologia) e dei suoi mezzi (terrore, propaganda, ecc.). Si tratta, com'è ovvio, di prevalenze senza drastiche esclusioni. Tra coloro che privilegiano l'analisi del sistema politico vanno citati: Fainsod, M., How Russia is Ruled , Cambridge, Harvard University Press, 1953; Kulski, W.W., The Soviet Regime. Communism in Practice, Syracuse University Press, 1956; Friedrich, e Brzezinski, , op. cit. ; Schapiro, L., The Government and Politics of the Soviet Union, London, Hutchinson e Co., 19758. Tra le opere che analizzano l'ideologia e/o il terrore segnalo: Arendt, op. cit. ; Brzezinski, Z., The Permanent Purge. Politics in Soviet Totalitarianism, Cambridge, Harvard University Press, 1956; Conquest, R., Il grande Terrore. Le purghe di Stalin negli anni Trenta, Verona, Mondadori, 1970; Barton, P., L'institution concentrationnaire en Russie, 1930–1957, Paris, Plon, 1959.Google Scholar
14 La valutazione è di Conquest, op. cit. , p. 735, il quale però aggiunge che tale cifra è quasi certamente troppo bassa, tanto che forse merita «essere aumentata del 50% o giú di lí».Google Scholar
15 Fainsod, , op. cit. , 1963 2 , pp. 580–581 e 583.Google Scholar
16 Ulam, A., The New Face of the Soviet Totalitarianism , in «World Politics» XII (1960), pp. 391–412; Kassof, A., The Administered Society. Totalitarianism Without Terror, in «World Politics», XVI (1964), pp. 558–575; Lowenthal, R., The Revolution Withers Away, in «Problems of Communis», XIV (1965), pp. 10–17; Meissner, B., Governo totalitario e trasformazione sociale, in «L'Est», II (1966), pp. 157–169; Friedrich, C., Totalitarianism: Recent Trends, in «Problems of Communism», XVII (1968), pp.-32–43.Google Scholar
17 Sul punto rinvio a Pasquino, G., Modernizzazione e sviluppo politico, Bologna, Il Mulino, 1970, e bibliografia ivi.Google Scholar
18 Lowenthal, R., Development vs Utopia in Communist Policy , in Johnson, C. (a cura di), Change in Communist Systems, Stanford University Press, 1970, p. 39.Google Scholar
19 Cfr. sul tema Gerschenkron, A., Problems and Patterns of Russian Economic Development , in Black, C., (ed), The Transformation of Russian Society, Cambridge, Harvard University Press, 1960, pp. 42–72.Google Scholar
20 Pye, L., Aspects of Political Development , Boston, Little Brown, 1966 (trad. it. Il concetto di sviluppo politico, in Sartori [a cura di], op. cit., pp. 439–449).Google Scholar
21 Apter, D., Some Conceptual Approaches to the Study of Modernization, Englewood Cliffs, Prentice Hall, 1968, p. 334 e riprodotto parzialmente sempre nell'antologia di Sartori, pp. 483–492.Google Scholar
22 Huntington, S.P., Political Development and Political Decay , in «World Politics», XVII (1965), pp. 386–430.Google Scholar
23 Cfr. Morlino, L., Categorie e dimensioni del mutamento politico , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», II (1975), p. 279. Dello stesso autore cfr. anche: Come cambiano i regimi politici. Strumenti di analisi, Milano, Franco Angeli Ed., 1980.Google Scholar
24 Cfr. Almond, G., Determinacy-Choice, Stability-Change: Some Thoughts On A Contemporary Polemic in Political Theory , in «Government and Opposition», V (1969–70), p. 28, e Huntington, S., The Change to Change: Modernization, Development and Politics, in «Comparative Politics», III (1971), pp. 303–305.Google Scholar
25 Tra coloro che hanno usato prevalentemente il modello suindicato cfr. anche: Barghoorn, F., Politics in the USSR , Boston and Toronto, Little and Brown, 1966; Lane, D., Politics and Society in the USSR, London, Weidenfeld and Nicholson, 1970.Google Scholar
26 Cfr. Kerr, C. et al., Industrialism and Industrial Man, Cambridge, Harvard University Press, 1960, pp. 45–46.Google Scholar
27 Sulle caratteristiche generali delle società industriali cfr.: Parsons, T., Some Principal Characteristics of Industrial Societies , in Black, , (ed.), op. cit. , pp. 13–42, e Aron, R., Dix-huit léçons sur la société industrielle, Paris, Gallimard, 1962.Google Scholar
28 Cfr. Inkeles, A. e Bauer, R., The Soviet Citizen. Daily Life in a Totalitarian Society , Cambridge, Harvard University Press, 1959, e Granick, D., The Red Executive, New York, Doubleday and Company, 1960, trad. it. Il dirigente sovietico, Milano, Comunità, 1962.Google Scholar
29 Inkeles, A., Modelli per l'analisi della società sovietica, cit., pp. 115–134.Google Scholar
30 Sorokin, P., Russia and the United States, New York, 1944.Google Scholar
31 Per una piú ampia trattazione sul termine rinvio a Fisichella, voce Tecnocrazia, in Bobbio, N. e Matteucci, N. (a cura di), Dizionario di politica, Torino, UTET, 1976, pp. 1028–1030.Google Scholar
32 La tesi è stata esplicitamente avanzata nel settembre 1955 a Milano, in una conferenza sull'avvenire della libertà promossa dal Congresso per la Libertà e la Cultura e a cui parteciparono circa 150 tra intellettuali e politici. Sul tema si è sviluppata in seguito un'ampia letteratura di cui mi limito a segnalare: Bell, D., The End of Ideology. On the Exaustion of Political Ideas in the fifties, Glencoe, Free Press, 1960; Méynaud, J., Déstin des idéologies, Lausanne, Etudes de Science Politique 4, 1961. Cfr. anche le osservazioni di Duverger, M., De la Dictature, Paris, Juillard, R., 1961, pp. 38, 39 e 64, e quelle di Fisichella, D., Condizioni della libertà, Firenze, Sansoni, 1974, pp. 76–79.Google Scholar
33 Bell, , The End of Ideology, cit., p. 373.Google Scholar
34 Cfr. ad esempio Duverger, M., Introduzione alla politica , Bari, Laterza, 1977 4, ult. cap. Per un esame piú approfondito delle tesi sulla convergenza si veda Meyer, A., Theories of Convergence , in Johnson, , (ed.), op. cit., pp. 313–341.Google Scholar
35 Meyer, A., The Soviet Political System, New York, Random House, 1965, p. 472.Google Scholar
36 Cfr. soprattutto Marcuse, H., L'uomo a una dimensione, Torino, Einaudi, 1971.Google Scholar
37 A tale proposito si vedano le analisi classiche di Weber, M., Parlamento e governo nel nuovo ordinamento della Germania , Bari, Laterza, 1919, e Economia e Società, Milano, Comunità, 19688 .Google Scholar
38 Trockij, L., La révolution trahie, 1936 , in Picon, G. (a cura di), Panorama des idées contemporaines, Paris, Gallimard, 1967, pp. 325–329.Google Scholar
39 Cfr. Bencini, F., voce Burocratizzazione , in Bobbio e Matteucci, op. cit. , p. 112.Google Scholar
40 di Rizzi, L'opera, La bureaucratisation du monde è stata recentemente pubblicata in Italia sotto il titolo Il collettivismo burocratico , Milano, Sugarco, 1977. Cfr. anche Pellicani, L., Gulag o utopia? Interpretazioni del comunismo, Milano, Sugarco, 1978, pp. 43–56.Google Scholar
41 Rizzi, , op. cit. , p. 38.Google Scholar
42 Gilas, M., La nuova classe. Un'analisi del sistema comunista , Bologna, Il Mulino, 1957, p. 70. Sulla scia di Trockij e Rizzi si era posto, assai prima che uscisse l'opera di Gilas, , Burnham, J., La rivoluzione dei tecnici, Verona, Mondadori, 19472. Sul problema della burocratizzazione in Urss cfr. anche la lucida analisi di Pellicani, L., I rivoluzionari di professione, Firenze, Vallecchi, 1975, ult. cap. e Castoriadis, C., La società burocratica. I rapporti di produzione in Russia, Milano, Sugarco, 1978.Google Scholar
43 Sik, O., Quale comunismo? , Bari, Laterza, 1977, p. 22. Sulla tesi secondo cui la burocratizzazione del potere politico sarebbe una degenerazione di molte rivoluzioni non c'è perfetto accordo tra gli studiosi. Tale tesi infatti, secondo Belohradsky, V., Rivoluzione e burocrazia, Roma, Città Nuova, 1979, pp. 10 e 44, sarebbe un luogo comune: la burocrazia non è infatti una degenerazione della rivoluzione dovuta a qualche elemento locale e contingente, bensì è quest'ultima «una specifica manifestazione politica dell'apparato burocratico» che si propone per mezzo del fenomeno rivoluzionario di cancellare i confini tra il potere politico e quello civile. Questo può avvenire «nell'ambito dello squilibro specifico dello stato moderno che vi deriva dalla tensione tra il grado d'integrazione politica raggiunta dallo stato nazionale moderno e la relativa autonomia dell'economia; l'economia appartiene alla società mentre il controllo politico è integrato a livello di stato». La rivoluzione è, dunque, ogni tentativo che intende raggiungere l'integrazione della società nello stato. «È un'espansione dell'oggettività, cioè della tendenza a valutare le azioni degli altri dal punto di vista della loro utilità per la crescita dello stato e della convinzione che le azioni compiute in nome della ragion di stato non possano esser giudicate in termini di senso comune o di moralità tradizionale; è, infine, una banalizzazione della società, una riduzione della legittimità alla psicologia (soggettività) e della legalità al potere dell'apparato».Google Scholar
44 Meyer, , The Soviet Political System, cit.Google Scholar
45 Cocks, P., The Rationalization of Party Control , in Johnson, , (ed), op. cit. , pp. 153–190.Google Scholar
46 Kassof, , op. cit. , pp. 558–575.Google Scholar
47 Va comunque precisato che la teoria marxista dell'estinzione dello stato, essendo del tutto priva di conferme empiriche nel campo dei paesi comunisti, è spesso considerata superata, o quanto meno non piú centrale, nell'ambito della stessa tematica marxista. Tale teoria del resto appare trasformata negli ultimi scritti di Marx: «negli ultimi scritti di teoria dello stato e del diritto Marx pone esplicitamente come problema scientifico non il problema del superamento o dell'estinzione della sfera politico-giuridica, ma il problema della trasformazione delle funzioni dello stato nella società comunista». (Zolo, Danilo, La teoria comunista dell'estinzione dello stato, Bari, De Donato, 1974, p. 258).Google Scholar
48 Cfr. le osservazioni Fisichella, di, Analisi del totalitarismo, cit., p. 174.Google Scholar
49 È opportuno notare lo stridente contrasto con le tesi di Burnham, , op. cit. , p. 252, secondo cui i tecnici invece avrebbero un ruolo politico preminente in URSS.Google Scholar
50 Rigby, T.H., Traditional, Market and Organizational Society and the USSR , in «World Politics», XVI (1964), pp. 539–558.Google Scholar
51 Kassof, , op. cit. , p. 575.Google Scholar
52 Fainsod, , op. cit. , pp. 328 e 478.Google Scholar
53 Skilling, H. G., Group Conflict and Political Change , in Johnson, , (ed.), op. cit. , pp. 215–234.Google Scholar
54 Cfr. sul problema specifico Hough, J. e Fainsod, M., How the Soviet Union Is Governed, Cambridge e London, Harvard University Press, 1979, p. 188.Google Scholar
55 Skilling, , op. cit. , pp. 221–222.Google Scholar
56 Fagiolo, S., I gruppi di pressione in URSS, Bari, Laterza, 1977, p. 11.Google Scholar
57 Skilling, H.G., Groups in Soviet Politics: Some Hypothesis , in Skilling, e Griffiths, , (eds.), Interest Groups in Soviet Politics , Princeton, Princeton University Press, 1973, pp. 19–45. 58 Ibidem, p. 29.Google Scholar
59 Lane, , op. cit. , pp. 233–260.Google Scholar
60 Finer, S., Interest Groups and the Political Process in Great Britain , in Ehrmann, H.V., Interest Groups on Four Continents, Pittsburg, University of Pittsburg Press, 1958, p. 117.Google Scholar
61 In realtà la problematica relativa al dissenso sovietico è troppo particolare per essere accomunata a quella dei normali gruppi di pressione e richiederebbe perciò una piú approfondita trattazione a parte. Molto sinteticamente si può dire che le differenze tra i dissidenti e gli altri gruppi consistono soprattutto nella maggiore eterogeneità dei primi e nel piú marcato radicalismo delle loro richieste. Quasi tutti i gruppi di intellettuali (letterati, storici, fisici, matematici, economisti, artisti) comprendono al loro interno un numero variante di dissidenti, le cui richieste si intersecano magari con quelle del gruppo di appartenenza, ma non coincidono. Si tratta di domande che, pur con diverse motivazioni di fondo (la fede religiosa, la speranza in un comunismo piú umano, un vero e proprio anticomunismo, l'appartenenza a un gruppo etnico minoritario), tendono a mettere in discussione la natura stessa del regime. Il potere di ricatto dei dissidenti, dunque, consiste unicamente nella minaccia di pubblicare notizie e informazioni che il regime ha invece tutto l'interesse a tenere nascoste.Google Scholar
62 Fisichella, D. (a cura di), Partiti e gruppi di pressione, Bologna, Il Mulino, 1972, p. 26.Google Scholar
63 Si veda, ad esempio, quella proposta da Brzezinski, Z. e Huntington, S.P., Political Power: Usa/Urss , New York, The Viking Press, 1964, pp. 195–196.Google Scholar
64 Cfr. le osservazioni di Ionescu, G., Studi comparati sul comunismo , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», III (1971), pp. 657–683.Google Scholar
65 Sullo stato degli studi relativi al problema dei gruppi di pressione cfr. l'antologia curata da Fisichella, , Partiti e gruppi di pressione, cit., spec. l'introduzione.Google Scholar
66 Tale problema metodologico generale è stato messo in rilievo da Sartori quando ha osservato che il male da curare è quello dello «stiramento dei concetti» che consiste nel? «aumentare la capienza di un concetto sfumandone la definizione». Cfr. Sartori, G., La politica comparata: premesse e problemi , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», I (1971), pp. 7–66.Google Scholar
67 Novelli, S., Sistema di partito e sistema politico in Unione Sovietica , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», III (1973), p. 522.Google Scholar
68 Ionescu, Secondo, op. cit., tale modello si concentra troppo infatti sull'analisi delle strutture politiche perdendo di vista l'organicità e il vero contenuto della società rivoluzionaria.Google Scholar
69 Inkeles, , Modelli per l'analisi della società sovietica, cit., pp. 117–118.Google Scholar
70 Friedrich, , Totalitarianism: Recent Trends, cit, pp. 32–43.Google Scholar
71 Brzezinski, Z., Disfunctional Totalitarianism , in Von Beyme, Klaus, (ed.), Theorie und Politik, Haag, Martinus Nijoff, 1971, p. 375.Google Scholar
72 Cfr. Fisichella, , Analisi del totalitarismo, cit.Google Scholar
73 Intendo riferirmi alla Cina della Rivoluzione Culturale, ai regimi cubano e vietnamita e ai due ultimi regimi succedutisi in Cambogia. La conoscenza del processo politico in questi sistemi è scarsa. Tuttavia si può considerare certa l'esistenza di alcuni elementi che sono condizioni necessarie, anche se non sufficienti, di un regime totalitario: un'ideologia rivoluzionaria, un partito unico che è strumento di mobilitazione delle masse e interprete dell'ortodossia rivoluzionaria, un apparato terroristico sviluppato.Google Scholar
74 Cfr. sul tema Fisichella, D., Sviluppo democratico e sistemi elettorali , Firenze, Sansoni, 1970, p. 76. L'immagine di «nuovo ed ultimo impero» è di Kerr, op. cit., p. 46.Google Scholar
75 Essa consisté in una disastrosa caduta del tasso di produzione annuo di carne, perché i dirigenti del Pcus della regione di Rjazan, pur di raggiungere il tasso di produzione previsto dal «Piano», mandarono al macello anche le bestie destinate alla riproduzione, coinvolgendo nella poco brillante operazione anche quelle delle regioni limitrofe, tanto che furono necessari altri cinque anni per ripristinare il tasso di produzione annuo di carne del 1959. L'operazione, appoggiata da Kruscev in persona, sacrificò ogni piú banale criterio economico alle esigenze della politica e della propaganda. (Cfr. Roy, e Medvedev, Zores, Krusciov. Gli anni del potere, Milano, Mondadori, 1977, pp. 93–102).Google Scholar
76 Fisichella, D., Il potere nella società industriale , Napoli, Morano, 1965, pp. 348–349. Si veda anche Aron, , op. cit .Google Scholar
77 Un ottimo lavoro in questo senso, che recepí molto dalle teorie della convergenza pur criticandone le conclusioni affrettate, fu quello eseguito da Brzezinski, e Huntington, , op. cit., soprattutto le pp. 9–14.Google Scholar
78 Cfr. Sdobnikov, J., Il mito borghese della convergenza , in «Documentazioni sui Paesi dell'Est», III (1973), pp. 708–718.Google Scholar
79 Tesi simili sono sostenute oggi, per esempio, dalla scuola «monetarista» apertamente critica nei confronti delle teorie keynesiane, e di cui Milton Friedman è uno dei piú autorevoli esponenti. Cfr. il suo vol. Efficienza economia e libertà, Firenze, Vallecchi, 1967.Google Scholar
80 Cfr. in tal proposito le osservazioni di Churchward, L.G., Contemporary Soviet Government, Londra, Routledge e Kegan, 1968, pp. 2–3.Google Scholar
81 Cfr. Huntington, S.P., Social and Institutional Dynamics of One-Party Systems , in Huntington e Moore, C.H., (eds.), Authoritarian Politics in Modern Society. The Dynamics of Established One-Party Systems , New York, Basic Books, 1970, pp. 5–47. Sulla, «forza» del partito unico nei regimi comunisti cfr. anche Novelli, , op. cit., pp. 521–549, e Lowitt, T., Le Parti polymorphe en Europe de l'Est, in «Revue Française de Science Politique», IV-V (1979), pp. 812–846.Google Scholar
82 Sembra eccessivo infatti parlare, come fa Hough a proposito dell'attività dei gruppi in Unione Sovietica, di una tendenza in direzione di un «pluralismo istituzionale». Cfr. Hough, e Fainsod, , op. cit. , p. 347.Google Scholar
83 Cfr. Linz, J.J., An Authoritarian Regime: Spain , in Allardt, e Rokkan, , (eds.), Mass Politics: Studies in Political Sociology , New York-London, The Free Press e Collier - Macmillan Limited, 1970, pp. 254.Google Scholar
84 Cfr. Linz, J.J., Totalitarian and Authoritarian Regimes , in Greenstein, and Polsby, , (eds.), Handbook of Political Science , vol. 3, 1975, pp. 174–411. L'autore distingue cinque sottotipi dei regimi autoritari: 1) burocratico-militari, 2) statalismo organico, 3) regimi di mobilitazione in società post-democratiche, 4) regimi di mobilitazione in stati post-indipendenza, 5) regimi post-totalitari.Google Scholar