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IL PLURALISMO POLARIZZATO: CRITICHE E REPLICHE

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

Introduzione

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La teoria del pluralismo polarizzato mi sovvenne una ven-tina di anni fa. Il saggio al quale ancor oggi i più fanno riferimento — European Political Parties: The Case of Polarized Pluralism — fu pubblicato nel 1966 ma scritto nel 1963, e ci pensai a lungo. Rifacendo mente locale, in quegli anni imperava Duverger, il quale non mi convinceva affatto. Mi convinceva assai di più Almond e soprattutto la sua distinzione, in chiave di cultura politica, tra cultura «omogenea» (e secolarizzata) e cultura «frammentata», che era poi come dire tra consenso e no (nei valori e credenze di fondo). Ma poi Almond approdava alla tripartizione tra sistemi bipartitici, multipartitismo funzionante (Scandinavo e Olandese) e multipartitismo malfunzionante (del grosso dell'Europa continentale), e quell'approdo non quadrava. Intanto, il gruppo dei paesi Scandinavi non era per nulla omogeneo: la Finlandia non era per nulla simile alla Svezia e alla Norvegia. In secondo luogo, se la variabile esplicativa di fondo era la cultura politica, allora l'Olanda (con una subcultura non-secolarizzata, e quindi a cultura frammentata) non doveva risultare funzionante. Alla stessa stregua, anche l'Austria avrebbe dovuto essere malfunzionante. E che dire, poi, della Svizzera? Mi sembrava, dunque, che il discorso mancasse di inquadramento teoretico. Nel saggio iniziale detto inquadramento (o modello) veniva formulato così:

I sistemi di partito verranno analizzati in funzione a) del numero dei poli, b) della loro distanza, c) delle loro interazioni centripete 0 centrifughe … ‘Bipolare’ e ‘multipolare’ indicano quanti sono i perni attorno ai quali ruota il sistema; ‘polarita’ indica una forte distanza tra i poli laterali del sistema (e quindi un basso grade di consenso…); laddove ‘polarizzazione’ e ‘depolarizzazione’ alludono alla dinamica del sistema e denotano rispettivamente un processo centrifugo di dilacerazione del consenso, ovvero un processo centripeto di ricomposizione del consenso… II pluralismo estremo e.; con ogni probabilita centrifugo.

Type
Saggi
Copyright
Copyright © Società Italiana di Scienza Politica 

References

1 In LaPalombara, J., Weiner, M., (eds.), Political Parties and Political Development, Princeton, Princeton University Press, 1966. Le relazioni accolte in quel volume sono peraltro del gennaio 1964. Il mio saggio uscì successivamente, con qualche ritocco, in italiano in «Tempi moderni», autunno 1967, pp. 4–34, con il titolo Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato?, ed è ora parzialmente acolto in Farneti, P. (a cura di), Il sistema politico italiano, Bologna, Il Mulino, 1973, pp. 287309. Citerò dal testo integrale dei «Tempi moderni».Google Scholar

2 Nell'ottica di Duverger, per esempio, Italia e Germania erano assimilabili quali eccezioni «bipartitiche» (più esattamente: quali manifestazioni di «tendenza molto pronunziata» verso il bipartitismo) al multipartitismo dell'Europa continentale. Vedi Duverger, M., Les partis politiques, Paris, Colin, 1951, p. 241.Google Scholar

3 Vedi spec. Comparative Political Systems (1956), e A Comparative Study of Interest Groups and the Political Process (1958), entrambi raccolti ora in Almond, G.A., Political Development, Boston, Little Brown and Co., 1970, pp. 2976.Google Scholar

4 Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato? , in «Tempi moderni», cit., p. 5.Google Scholar

5 Cito per tutti Robert Leonardi, il quale ancora nel 1978 si ostina a sostenere che il modello del pluralismo polarizzato prevede una «crescente divergenza di opinioni» e che «con il passar del tempo, vedremo: uno spostamento verso gli estremi poli ideologici; una diminuzione del consenso politico… e una crescente frammentazione del sistema» ( Polarizzazione o convergenza nel sistema politico italiano? , in Martinelli, A. e Pasquino, G. (a cura di), La politica nell'Italia che cambia, Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 303304). È tutto inesatto, come vedremo particolareggiatamente nel par. Polarizzazione e centrifugazione .Google Scholar

6 Si avverta, detta distanza non è (come il passo citato nel testo dimostra) lo stesso che centrifugazione: i due concetti sono chiaramente distinti. Si noti altresì che la mia nozione di «distanza» (tra poli) ricomprende i concetti di omogeneità-frammentazione culturale di Almond, nel senso che ad una piccola distanza corrisponde una cultura politica omogenea, laddove a molta distanza corrisponde eterogeneità, o molteplicità, di cultura politica. Ma non è vero il viceversa. La nozione Almondina di frammentazione culturale si fonda soprattutto sul cleavage secolarizzazione-religione: non è dunque ricomprendente della mia.Google Scholar

7 Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato?, cit., p. 5. Vedi anche il volume Parties and Party Systems: A Framework for Analysis, New York, Cambridge University Press, 1976 (abbreviato, in seguito, PPS), pp. 121–25 e, ai fini di una più precisa operazionalizzazione, pp. 300–304.Google Scholar

8 Aggiungo che a fini di caratterizzazione sistemica i miei criteri contabili non possono essere sostituiti dall'indice di frazionalizzazione di Rae. Il punto è esaminato ampiamente in PPS, pp. 304–15.Google Scholar

9 Per distanza «ideologica» intendo quella che si misura in termini di destra-sinistra. Il modello contempla, come tale, qualsiasi tipo o genere di distanza. Peraltro nei casi concreti il mio discorso privilegia la distanza di tipo ideologico, e questo per ragioni esposte spec. in PPS, cap. X, passim, e nello scritto con Giacomo Sani di cui infra, nota 11.Google Scholar

10 PPS, pp. 286, 291.Google Scholar

11 In «Rivista italiana di sciena politica», VIII (1978), pp. 339361. L'articolo paragona 8 paesi e utilizza dati del 1974–75. Una versione più elaborata ed estesa a 12 paesi uscirà prossimamente con il titolo Polarization, Fragmentation and Competition in Western Democracies, nel volume curato da Hans Daalder e Peter Mair, Working Papers on Western European Party Systems, Beverly Hills, Sage, 1982. In quanto segue mi avvarrò anche di quest'ultima e più completa versione.Google Scholar

12 Rinvio a Ettore Vitiello, Pluralismo polarizzato e sistema partitico italiano , in «Rivista italiana di scienza politica», XI (1981), pp. 483515, il quale enumera 15 miei scritti. Ovviamente, i più sono ricompresi nel volume del 1976, Parties and Party Systems, cit. Ma per come la teoria generale si applica al caso specifico dell'Italia restano rilevanti, oltre il già cit. Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato?, il saggio Rivisitando il pluralismo polarizzato (nel vol. coll. curato da F.L. Cavazza e S. Graubard, Il caso italiano, Milano, Garzanti, 1974, vol. I, pp. 196–223), e l'articolo, Il caso italiano: salvare il pluralismo e superare la polarizzazione, in «Rivista italiana di scienza politica», IV (1974), pp. 675–87. Aggiungo due scritti omessi da Vitiello e non utilizzati in PPS: Political Development and Political Engineering, in «Public Policy», vol. XVII, Harvard University Press, 1968, pp. 261–98, dove riformulo le leggi di Duverger sull'influenza dei sistemi elettorali; e From the Sociology of Politics to Political Sociology , in Lipset, S.M. (a cura di), Politics and the Social Sciences, New York, Oxford University Press, 1969, pp. 65–100 (tradotto in italiano con il titolo Alla ricerca della sociologia politica, in «Rassegna italiana di sociologia», IX (1968), pp. 597–639), nel quale esamino il problema delle basi sociali della politica. In merito al saggio con Sani, converrà vederlo nella sua versione definitiva del 1982, Polarization, Fragmentation and Competition nel volume cit. curato da Daalder e Mair.Google Scholar

13 La tabella 1 riproduce la tabella 5 di Sani, e Sartori, , Polarization-Fragmentation and Competition in Western Democracies (1982). La figura 1 ne è una mia rappresentazione, non molto dissimile dalla figura 2 e tabella 2 di Sani e Sartori (1978) in «Rivista italiana di scienza politica», cit., pp. 347–8 (salvo che per l'aggiunta di tre paesi: Spagna, Francia e Belgio). Per le fonti, vedi le opere citate. Vedi anche, in quest'ultimo scritto, i profili di vari paesi nella figura 1, pp. 342–3.Google Scholar

14 Il che è confermato dalla ricostruzione longitudinale (dal 1968 al 1975) in chiave di autocollocazioni destra-sinistra di Sani, G., The Italian Electorate in the Mid-1970s , in Penniman, H.R. (a cura di), Italy at the Polls, Washington D.C., American Enterprise Institute, 1977, spec. tabella a p. 101.Google Scholar

15 Cito da Putnam, R.D., Robert Leonardi, Raffaella Nanetti, Y., Polarization and Depolarization in Italian Politics 1968–1981, di prossima pubblicazione, pp. 54, 34, 35–36 del manoscritto. Vero è che gli autori rilevano un marcato trend depolarizzante a livello di elites, e che pertanto concludono in pro della depolarizzazione. Sul punto tornerò più avanti. Intanto mi basta fermare che sul mio terreno non sono avvenuti, sino al 1981, cambiamenti da registrare in sede classificatoria.Google Scholar

16 È, questo, un fraintendimento di Sidney Tarrow, ripreso da altri.Google Scholar

17 PPS, pp. 132–33. Nel 1974, in Salvare il pluralismo e superare la polarizzazione, condensavo il tutto così: «Per partito anti-sistema intendo qualsiasi partito che sia delegittimante del sistema politico in cui opera» (loc. cit., p. 681).Google Scholar

18 PPS, p. 133.Google Scholar

19 Rivisitando il pluralismo polarizzato, cit., p. 213. Precisavo così: «Non dico che le due cose sono slegate. Ma, certo, tra la percezione e la realtà, tra quel che ‘vogliamo vedere’ e le cose ‘come sono’ non c'è coincidenza necessaria».Google Scholar

20 Vedi PPS, pp. 142–45.Google Scholar

21 Lo scenario del compromesso storico , in Il PCI dall'opposizione al governo, in «Quaderni di Biblioteca della Libertà», Torino, marzo 1978, p. 89. Avvertivo, peraltro, che quanto sopra non costituiva «tutta la spiegazione» ma semplicemente «una spiegazione sufficiente».Google Scholar

22 Insisto nel «non prima» confortato dalle rilevazioni (del 1978) di Barbagli, M., Corbetta, P., La base del PCI e la politica estera , in «Cattaneo», maggio 1981, che gli autori riassumono così: «il mito dell'Unione Sovietica rimane tuttora assai saldo nella base del Pci… L'80% degli iscritti ritiene che in Urss ‘ci sia socialismo’. Quasi due terzi degli iscritti sono spostati verso posizioni più filo-sovietiche di quelle ufficiali, assieme ad un terzo dei militanti» (pp. 79).Google Scholar

23 Per esempio Robert Leonardi (Polarizzazione o convergenza nel sistema politico italiano?, cit.) svolge il discorso in chiave di «deradicalizzazione» senza tener conto di questa distinzione, il che nuoce, a mio avviso, alla perspicuità della diagnosi.Google Scholar

24 Per esempio, Pasquino, G. e Parisi, A., Changes in Italian Electoral Behavior: The Relationship between Parties and Voters , in «West European Politics», October 1979, definiscono «polarizzazione… la concentrazione dei voti sui due partiti maggiori: Dc e Pci» (p. 7). O questa è una ricaduta (alla Galli) nell' «eterno dualismo» di Duverger, oppure la loro definizione è soltanto ad hoc, non ha portato sistemico, e non è per nulla assimilabile alla mia.Google Scholar

25 Dire che questa è l'accezione statica del termine non equivale per nulla a dire che vieta l'analisi dinamica. Qualsiasi rilevazione è una istantanea la quale ferma il tempo al momento nella quale avviene. Il processo dinamico viene ricuperato quando ripetute istantanee che si succedono nel tempo vengono paragonate diacronicamente tra di loro.Google Scholar

26 La diversità tra direzione della competizione e, se si vuole, direzione dei messaggi (legittimante o delegittimante), è che la prima è derivata dal modello Downsiano e si misura sui risultati elettorali, mentre la seconda richiede analisi sostantive (di contenuti) di lungo periodo. Ma i due processi co-variano assieme e si rinforzano l'uno con l'altro.Google Scholar

27 Rivisitando il pluralismo polarizzato (1974), p. 212.Google Scholar

28 Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato? (1966), p. 28.Google Scholar

29 Vedi, diffusamente, in PPS (1976), spec. pp. 140–41, e 144–45. In Rivisitando il pluralismo polarizzato (1974) riassumevo in un rigo così: «il nostro è — tra tutti i tipi di sistema partitico — il più debole e disfunzionale» (p. 212). In Salvare il pluralismo e superare la polarizzazione (1974) ribadivo: «Ho sempre e soltanto detto che i sistemi di pluralismo polarizzato tendono all'immobilismo, sono caratterizzati da coalizioni scollate e inefficienti, e che sono fragilissimi se e quando arrivano delle crisi esogene o comunque esplosive» (p. 686).Google Scholar

30 Vedi PPS, pp. 159–63. Lo stesso si potrebbe dire per la seconda Repubblica Spagnola del 1931–36: ma esito, perché il sistema partitico di quel tempo era ancora atomizzato (non strutturato, come richiesto dal mio modello).Google Scholar

31 Vedi PPS, passim ma spec. p. 163: «La Finlandia spicca come il caso di lieto auspicio e di migliore riuscita di polarizzazione controllata». L'indice di polarizzazione della Finlandia nella figura 1 mi impone invece di rettificare la successiva interpretazione in chiave di «semipolarizzazione» (ibidem), che è smentita dai dati. La dizione che dice giusto è dunque quella di «polarizzazione controllata», o anche (dirò) di polarizzazione stabilizzata.Google Scholar

32 Salvare il pluralismo e superare la polarizzazione, cit., p. 686.Google Scholar

33 PPS, p. 350. La dizione «cominciare a prevalere» sottintende chiaramente, mi sembra, che contro-spinte ci sono sempre, e che il problema è sempre di prevalenze.Google Scholar

34 PPS, p. 342. Nella versione preliminare del modello (vedi n. 35) dicevo «competizione vantaggiosa», il che è dire lo stesso più in breve.Google Scholar

35 Modelli spaziali di competizione tra partiti , in «Rassegna italiana di sociologia», VI (1965), p. 28. Cito da qui per esibire credenziali antiche. Ma, ovviamente, la versione da consultare è quella di PPS, cap. 10, pp. 324–56.Google Scholar

36 La perdita alle elezioni politiche del 1979 si era già profilata alle elezioni amministrative parziali del maggio 1978, alle elezioni regionali del Friuli-Venezia Giulia del giugno 1978, ed è stata confermata (sia pure in proporzioni minori) alle elezioni regionali e amministrative parziali del giugno 1980. Non appare, dunque, come un semplice e circoscritto incidente di percorso.Google Scholar

37 Stupisce, quindi, che alla luce dei risultati elettorali del 1979, Putnam, et al., Polarization and Depolarization in Italian Politics, cit., possano asserire (nel 1981) che «il Pci ha raccolto voti moderando la propria immagine» (p. 24 mns.). Capisco ancora meno la loro asserzione (p. 61 mns.) che «la moderazione crescente del Pci nel periodo considerato [1968–1981] è stata razionale in termini Downsiani (e del tutto contraria a quanto previsto dalla teoria della competizione elettorale centrifuga)». Del tutto contraria a quanto previsto dal mio modello, proprio no.Google Scholar

38 Su Downs, e sul punto, vedi meglio in PPS, p. 344.Google Scholar

39 L'ipotesi considerata è quella di un andamento inerziale. Ho già sottolineato che gli uomini reagiscono e contravvengono alle predisposizioni meccaniche. Non mi si faccia dunque dire, qui, che escludo l'ipotesi della inversione depolarizzante.Google Scholar

40 Riforma istituzionale e sistema politico: la Francia Gollista, Bologna, Il Mulino, 1981, pp. 196206.Google Scholar

41 Guardando alla sostanza (non ai disposti costituzionali) la Presidenza degli Stati Uniti soddisfa la clausola dell'elezione diretta. Quanto alla clausola del «Presidente governante», essa consente la disgiunzione tra capo dello stato e capo del governo ma non l'autonomia (divisione del potere) della seconda carica rispetto alla prima. A quest'ultimo effetto, dunque, la Quinta Repubblica Francese è un sistema Presidenziale, mentre la Finlandia non lo è.Google Scholar

42 Per fattori manipolativi intendo i fattori che spiegano (geneticamente) il modo di essere di un sistema politico in termini di ingegneria politica. Le strutture sociali, e specialmente i cleavages, sono invece fattori condizionanti storicamente dati, e cioè assai meno manipolabili.Google Scholar

43 In Political Development and Political Engineering, cit. L'argomento verrà accolto nel vol. II di PPS.Google Scholar

44 Vedi PPS, spec. pp. 159–60.Google Scholar

45 Mutate le cose da mutare, è la stessa avvertenza che vale per i sistemi che riflettono una struttura «segmentata». In questo caso, la frammentazione partitica può essere alta e la polarizzazione bassa. Nel caso considerato nel testo vale l'inverso: il numero dei partiti può essere relativamente basso e la polarizzazione alta.Google Scholar

46 Ricordo in aggiunta, che il conteggio del numero dei partiti dà solo «classi», mentre è la distanza ideologica che determina i «tipi» del pluralismo moderato o polarizzato. Cfr. PPS spec. pp. 128–9 e 287.Google Scholar

47 Va da sé che il numero dei partiti diventa «limitato», nel mio sistema di classificazione, adottando le mie regole contabili. Nulla è «ridotto», pertanto, da contabilità ad hoc, senza regole, come quando Luigi Graziano osserva (facendo riferimento a me, e quasi a mo' di confutazione) che in Italia «negli ultimi dieci anni il numero dei partiti ‘che contano’ si è drasticamente ridotto, e oggi tre partiti (Dc, Pci, Psi) raccolgono quasi l'83 per cento dei suffragi» (Compromesso storico e democrazia consociativa: verso una nuova democrazia?', in Graziano e Tarrow, S. (a cura di), La crisi italiana, Torino, Einaudi, 1979, vol. II, p. 739). Si può sostenere che i partiti che contano sono, in Italia, tre, oppure due (Dc, Pci), oppure anche uno solo (la Dc e relativa arroganza del potere). Ma conteggi non sorretti da criteri costanti non possono avere portato comparato e tantomeno teoretico.Google Scholar

48 Riproduco infatti la fig. 36, p. 292, di PPS: «Il modello semplificato».Google Scholar

49 Vedi PPS, tabella 35, pp. 288–9, sub colonna (VII): «possibilità alternative». Tra queste includo, oltre alla possibilità già menzionata di un pluralismo limitato ma polarizzato, anche il suo viceversa, e cioè il caso di un pluralismo estremo ma moderato .Google Scholar

50 Pasquino, G., Pesi nazionali e contrappesi internazionali , in Cavazza, e Graubard, , Il caso italiano, cit., vol. 1, p. 169.Google Scholar

51 Ibidem, p. 167. Il punto non è se detto modello sia già formulato o no, ma se ha titolo per essere qualificato «modello» Google Scholar

52 Al minimo un modello deve essere — direi — un costrutto «logico» (costituito da elementi logicamente interconnessi e derivabili l'uno dall'altro) il quale postula un «isomorfismo» tra sé e la realtà alla quale viene riferito. Vedi per tutti Brodbeck, May, Models, Meanings and Theories , in Gross, L.; (a cura di), Symposium on Sociological Theory, New York, Harper & Row, 1959, p. 373 ss.Google Scholar

53 Leonardi, Robert, Polarizzazione o convergenza nel sistema politico italiano?, cit., p. 302.Google Scholar

54 Ibidem. Google Scholar

55 Vedi PPS, rispettivamente pp. 140, 145–146.Google Scholar

56 Compromesso storico e democrazia consociativa: verso una «nuova democrazia»?, cit., p. 739.Google Scholar

57 Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato?, cit., p. 19.Google Scholar

58 Ammettendo che il Msi sia oramai da dichiarare un partito irrilevante, tutto quel che ne consegue è che il mio valore di polarizzazione (nella tabella 1) scende da .64 a .51: il che lascia l'Italia nei paesi da classificare come polarizzati, anche se a un grado di polairzzaione diminuito (superiore a quello della Spagna, ma inferiore a quello della Francia).Google Scholar

59 Dal 1972 ad oggi è stato, semmai, in calo. Ma, lo ridico ancora, il modello non postula (nell'ipotesi di polarizzazione crescente) che lo svuotamento del centro debba avvenire in due direzioni; né esclude (nell'ipotesi di polarizzazione stabilizzata) che i partiti estremi perdano voti. Il punto, in merito al MSI, è soltanto se resti ancora un partito «rilevante» a effetto sistemico.Google Scholar

60 È così che leggo, per esempio, la proposta di Tarrow, Sidney, The Italian Party System between Crisis and Transition , in «American Journal of Political Science», XXI (1977), spec. pp. 199 ss. Obietto soltanto, qui, al fatto che Tarrow ritenga il suo approccio di tipo «modellistico». Per i criteri indicati supra, n. 52, il discorso di Tarrow certo non lo è.Google Scholar

61 Dove va il sistema politico italiano? , in «Mondoperaio», ottobre 1980, p. 112.Google Scholar

62 Ibidem, p. 113.Google Scholar

63 Ibidem, p. 114.Google Scholar

64 Ibidem, p. 116. Cfr. p. 112: «non possiamo sapere a questo punto quale dei due modelli — pluralismo polarizzato o pluralismo centripeto — sia destinato a prevalere».Google Scholar

65 Per la mia critica alla interpretazione consociativa del caso italiano, vedi spec. Salvare il pluralismo e superare la polarizzazione (1974), pp. 680–81. Sul punto (essenziale per questa discussione) delle strutture segmentate, vedi PPS, spec. pp. 180–82, e meglio ancora in Sani e Sartori, Polarization, Fragmentation and Competition (1982), par. 4.Google Scholar

66 Il rilievo vale anche per Putnam et al., visto che anche loro si avvalgono, nella conclusione di Polarization and Depolarization in Italian Politics, cit., di questa dizione.Google Scholar

67 Vedi Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato?, cit., p. 20, a paragone con la riflessione sul caso Cileno, PPS, p. 160.Google Scholar

68 Vedi PPS, pp. 347–8 e 349–51.Google Scholar

69 Nel capitolo In Search of the Centre of European Party Systems , in Daalder, e Mair, Peter (a cura di), Working Papers on Western European Party Systems, cit., di prossima pubblicazione.Google Scholar

70 PPS, pp. 144–45.Google Scholar

71 Così nel 1974, Salvare il pluralismo e superare la polarizzazione, cit., p. 682. Ma già notavo nel 1966: «le operazioni al vertice sono una cosa, e la dinamica di base una cosa diversa». (Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato?, cit., p. 13.)Google Scholar

72 Vedi Salvare il pluralismo e superare la polarizzazione, cit. pp. 681–2; e anche Rivisitando il pluralismo polarizzato, cit., pp. 213–4.Google Scholar

73 Gli elitisti (si fa per dire) che intervistano i vertici del Pci, e che da lì ricavano tutto, sottovalutano troppo l'importanza della base. Come bene osservato da Barbagli, M. e Corbetta, P.: «a dispetto del principio del centralismo democratico, gli iscritti ed i militanti comunisti influiscono oggi non meno, ma più di quelli di altri partiti politici sulle decisioni prese dal vertice. In primo luogo per il motivo… che nel Pci iscritti e militanti esistono… non [come] ‘anime morte’… In secondo luogo perché il gruppo dirigente comunista è convinto… che da iscritti e militanti dipende non soltanto la capacità di mobilitazione del partito, ma anche la stabilità del suo seguito elettorale e sa dunque che non può sostenere per troppo tempo una linea politica che non abbia il consenso senza riserve di questi». ( La svolta del Pci , in «Il Mulino», XXX (1981), pp. 97–8).Google Scholar

74 Polarization and Depolarization in Italian Politics, cit., p. 21 mns.Google Scholar

75 Salvare il pluralismo e superare la polarizzazione, cit., pp. 685–87.Google Scholar

76 Cfr. Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato?, cit., pp. 1214. Un partito in posizione di semi-accettazione, scrivevo, è «a cavallo tra il sì e il no» (p. 12), lascia ad altri la «difesa del sistema» pur accettandolo o subendolo finchè c'è.Google Scholar