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IL METODO DELLA COMPARAZIONE

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Tra i vari settori o discipline particolari in cui la scienza politica è comunemente suddivisa, la politica comparata è l'unica ad avere un'etichetta metodologica anziché sostantiva. Il nome « politica comparata » indica il come, ma non specifica il che cosa dell'analisi. L'etichetta però è piuttosto ingannatrice, in quanto sia l'esplicito interesse metodologico sia l'implicita consapevolezza metodologica non sono stati in genere molto alti fra i cultori di politica comparata.

Type
Saggi
Copyright
Copyright © Società Italiana di Scienza Politica 

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References

1. Si potrebbe dire l'inverso a proposito del campo relativamente nuovo del «comportamento politico»: il suo nome designa un campo di interessi sostantivo, ma specialmente il termine derivato «behaviorismo» è ormai passato a designare generalmente un tipo di approccio e di preoccupazione metodologica. Cfr. Dahl, Robert A., The Behavioral Approach in Political Science: Epitaph for a Monument to a Successful Protest , in «American Political Science Review», LV (1961), pp. 763772; trad. it. L'approccio comportamentista nella scienza politica, in Antologia di scienza politica a cura di G. Sartori, Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 65–73.Google Scholar

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6. Almond, Gabriel A., Political Theory and Political Science , in «American Political Science Review», LX (1966), pp. 877–78. Almond aggiunge che la politica comparata è una «corrente» della scienza politica piuttosto che una disciplina: cfr. il suo Comparative Politics, in International Encyclopedia of the Social Sciences, cit., vol. 12, pp. 331–336.Google Scholar

7. Kalleberg, , op. cit. , pp. 7273; cfr. anche pp. 75–78.Google Scholar

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9. Goldschmidt, Walter, Comparative Functionalism: An Essay in Anthropological Theory , Berkeley, University of California Press, 1966, p. 4. Oscar Lewis sostiene che «non c'è nessun “metodo comparato” distinto in antropologia», e che pertanto egli preferisce discutere delle «comparazioni in antropologia piuttosto che del metodo comparato». Cfr. il suo Comparisons in Cultural Anthropology , in Thomas, W. L. Jr. (ed.), Current Anthropology, Chicago, University of Chicago Press, 1956, p. 259.Google Scholar

10. Dell'idea di discutere il metodo comparato in relazione con questi altri metodi fondamentali sono debitore all'importante e illuminante articolo di Smelser, Neil J., Notes on the Methodology of Comparative Analysis of Economic Activity , in Transactions of the Sixth World Congress of Sociology (Evian, International Sociological Association, 1966) vol. II, pp. 101117. Per altre discussioni generali del metodo comparato, cfr. Léo Moulin, La Méthode Comparative en Science Politique, in «Revue Internationale d'Histoire Politique et Constitutionnelle», VII (1957), pp. 57–71; Nadel, Siegfried F., The Foundations of Social Anthropology, London, Cohen & West, 1951, pp. 222–255; Duverger, Maurice, Méthodes des Sciences Sociales, Paris, Presses Universitaires de France, 19643, pp. 375–399; trad. it. I metodi delle scienze sociali, Milano, Etas Kompass, 1968, pp. 388–412; Whiting, John W.M., The Cross-Cultural Method , in Lindzey, Gardner (ed.), Handbook of Social Psychology, Cambridge, Mass., Addison-Wesley, 1954, vol. I, pp. 523–31; e Moore, Frank W. (ed.), Readings in Cross-Cultural Methodology, New Haven, Conn., Hraf Press, 1961.Google Scholar

11. Il metodo dello studio del caso sarà discusso piú oltre, pp. 8792.Google Scholar

12. Meehan, Eugene J., The Theory and Method of Political Analysis , Homewood, Ill., Dorsey Press, 1965, esprime questa idea in tre brevi frasi: «La scienza cerca di stabilire relazioni» (p. 35), «La scienza… è empirica» (p. 37), «La scienza è un'attività generalizzante» (p. 43).Google Scholar

13. Lazarsfeld, Paul F., Interpretation of Statistical Relations as a Research Operation , in Lazarsfeld, e Rosenberg, M. (eds.), The Language of Social Research: A Reader in the Methodology of Social Research , Glencoe, Ill., The Free Press, 1955, p. 115; trad. it. L'interpretazione delle relazioni statistiche come operazione di ricerca, in Lazarsfeld, Metodologia e ricerca sociologica, Bologna, Il Mulino, 1967, pp. 393–411, in particolare p. 393.Google Scholar

14. Nagel, Ernest, The Structure of Science , New York, Harcourt, Brace & World, 1961, p. 453; trad. it. La struttura della scienza, Milano, Feltrinelli, 1968, p. 464.Google Scholar

15. Ad esempio, se i due gruppi sono resi eguali per mezzo di una deliberata operazione di estrazione a sorte, il ricercatore è conscio del fatto che essi hanno un altissimo grado di probabilità, ma non la certezza assoluta, di essere uguali. Inoltre, come ricorda Blalock, Hubert M. Jr., le cosiddette «azioni causanti» (forcing variables) non possono essere controllate mediante l'estrazione a sorte. Cfr. il suo Causal Inferences in Nonexperimental Research , Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1964 2 , pp. 2326; trad. it. L'analisi causale in sociologia, Padova, Marsilio, 1967, pp. 107–108. In generale, Blalock sottolinea «l'analogia fondamentale fra la logica del processo d'influenza causale sulla base dei progetti sperimentali e quella dei progetti non-sperimentali» (p. 108).Google Scholar

16. Lazarsfeld, , Interpretation of Statistical Relations as a Research Operation , cit., p. 397. Talcott Parsons fa un'asserzione simile a proposito del motodo comparato: «L'esperimento… non è altro che il metodo comparato in una situazione in cui si creano volontariamente e sotto condizioni controllate i casi che si devono mettere a raffronto». Cfr. il suo The Structure of Social Action, New York, Free Press, 19492, p. 743; trad. it. La struttura dell'azione sociale, Bologna, Il Mulino, 1968, p. 912. Un altro vantaggio del metodo sperimentale consiste nel fatto che la variabile tempo è controllabile, cosa particolarmente importante se si desiderano stabilire relazioni causali. In statistica, questo controllo può essere imitato con la tecnica dei panels (interviste ripetute nel tempo).Google Scholar

17. Allo scopo di mettere in piena luce i problemi particolari che derivano dalla disponibilità di solo un piccolo numero di casi, il metodo comparato è esaminato come metodo a sé. Naturalmente, si potrebbe sostenere con altrettanta fondatezza che il metodo comparato e quello statistico dovrebbero esser considerati due aspetti dello stesso metodo. Molti autori usano il termine «metodo comparato» nell'accezione estensiva di metodo di analisi empirica, ma non sperimentale, a piú variabili, includendo cioè sia il metodo comparato sia quello statistico secondo le definizioni adottate in questo articolo. Alfred R. Radcliffe-Brown usa il termine in questo senso quando afferma che «solo il metodo comparato può darci proposizioni generali» ( The Comparative Method in Social Anthropology , in «Journal of the Royal Anthropological Institute of Great Britain and Ireland», LXXXI (1951), p. 22). Emile Durkheim segue anche lui questa accezione allorché dichiara che «la sociologia comparata non è un ramo particolare della sociologia; è la sociologia stessa in quanto cessa di essere puramente descrittiva ed aspira a render conto dei fatti» (Les règies de la méthode sociologique, Paris, Alcan, 1895; trad. it. Le regole del metodo sociologico, Milano, Comunità, 1963, p. 126). Cfr. anche le affermazioni di Lasswell e Almond sopra riportate, p. 69. Rodney Needham combina i due termini, e parla di una «comparazione statistica su vasta scala», cioè del metodo statistico (Notes on Comparative Method and Prescriptive Alliance, in «Bijdragen tot de Taal—, Land— en Volkerkunde», CXVIII (1962), pp. 160–182). D'altro canto, Edward E. Evans-Pritchard usa esattamente la stessa terminologia usata da Smelser e adottata in questo articolo, e distingue fra «studi comparati su piccola scala» e «studi statistici su vasta scala». Cfr. il suo The Comparative Method in Social Anthropology, London, Athlone Press, 1963, p. 22.Google Scholar

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19. Eckstein, Harry, A Perspective on Comparative Politics, Past and Present , in Eckstein, e Apter, D. E. (eds.), Comparative Politics: A Reader , New York, The Free Press, 1963, p. 3; trad. it. La politica comparata, passato e presente, in Antologia di scienza politica a cura di G. Sartori, Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 85–93, in particolare p. 86.Google Scholar

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21. Merritt, e Rokkan, (eds.), op. cit. , p. 193.Google Scholar

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23. Galtung aggiunge: «Questa è una concezione veramente ingenua delle proposizioni delle scienze sociali; se fossero ammesse solo correlazioni perfette le scienze sociali non sarebbero arrivate molto lontano» ( Theory and Methods of Social Research , Oslo, Universitetsforlaget, 1967, p. 505). Le funzioni dell'analisi dei casi devianti saranno discusse piú oltre, p. 90.Google Scholar

24. Mackenzie, William J. M., Politics and Social Science , Harmondsworth, Penguin Books, 1967, p. 52; trad. it. La politica e le scienze sociali , Bari, Laterza, 1969, p. 44. Io stesso sono incorso in questo errore: nella mia critica della teoria di Giovanni Sartori che riconnette l'instabilità politica al multipartitismo spinto (sistemi con sei o piú partiti importanti), uno dei miei argomenti consiste nell'esistenza storica di un singolo caso deviante: il sistema stabile a sei partiti dei Paesi Bassi nel periodo tra le due guerre. Cfr. Lijphart, Arend, Typologies of Democratic Systems, in «Comparative Political Studies», I (1968), pp. 32–35.Google Scholar

25. È chiaramente scorretto, pertanto, inferire che sul piano logico una generalizzazione probabilistica non può mai essere falsificata; cfr. la asserzione di Guenter Lewy: «Certo, la scoperta di un numero altissimo di (casi devianti) metterebbe in dubbio la validità della teoria, ma dal punto di vista logico questo genere di prova non comporterebbe necessariamente il suo rigetto. La verifica di un'ipotesi mediante il suo confronto con dati empirici o storici non si può considerare una prova definitiva» ( Historical Data in Comparative Political Analysis: A Note on Some Problems of Theory , in «Comparative Politics», I (1968), p. 109).Google Scholar

26. Inoltre, a meno che il ricercatore esamini tutti i casi disponibili, egli deve porsi il problema della rappresentatività del suo campione rispetto alla totalità dei casi.Google Scholar

27. Sulla necessità di adottare concetti generali, non legati a culture particolari, cfr. Smelser, , Notes, on the Methodology of Comparative Analysis of Economic Activity , cit., pp. 104109; Nadel, , The Foundations, cit., pp. 237–238; Oliver, Douglas e Miller, Walter B., Suggestions for a More Systematic Method of Comparing Political Units, in «American Anthropologist», LVII (1955), pp. 118–121; Frijda, Nico e Jahoda, Gustav, On the Scope and Methods of Cross-Cultural Research, in «International Journal of Psychology», I (1966), pp. 114–116. Per una critica dei recenti tentativi di innovazione terminologica in politica comparata, cfr. Sartori, , op. cit. ; Holt, Robert T. e Richardson, John M. Jr., Competing Paradigms in Comparative Politics , in Holt, e Turner, J. E. (eds.), The Methodology of Comparative Research, New York, The Free Press, 1970, pp. 21–71; Dowse, Robert A., A Functionalist's Logic, in «World Politics», XVIII (1966), pp. 607–23; Finer, Samuel E., Almond's Concept of «The Political System»: A Textual Critique, in «Government and Opposition», V (1969–70) pp. 3–21.Google Scholar

28. Haas, Michael, Comparative Analysis , in «Western Political Quarterly», XV (1962), p. 298 n. Cfr. anche Lewy, , Historical, cit., pp. 103–110.Google Scholar

29. Freeman, Edward A., Comparative Politics , London, Macmillan, 1873, pp. 1, 19, 302. Cfr. anche la tesi di Gideon Sjoberg a favore di una ricerca comparata a livello globale: The Comparative Method in the Social Sciences, in «Philosophy of Science», XXII (1955), pp. 106–117.Google Scholar

30. Lazarsfeld, Paul F. e Barton, Allen H., Qualitative Measurement in the Social Sciences: Classification, Typologies and Indices , in Lerner, D. e Lasswell, H. D. (eds.), The Policy Sciences , Stanford, Stanford University Press, 1951; trad. it. Classificazioni, tipologie e indici, in Lazarsfeld, Metodologia e ricerca sociologica, cit., pp. 232–306, in particolare pp. 265–272; Barton, The Concept of Property-Space in Social Research , in Lazarsfeld, e Rosenberg, (eds.), The Language of Social Research, cit., pp. 45–50; trad. it. Il concetto di spazio di attributi in sociologia , in Lazarsfeld, e Boudon, R. (eds.), L'analisi empirica nelle scienze sociali, Bologna, Il Mulino, 1969, vol. I, pp. 193–219.Google Scholar

31. Smelser, , op. cit. , p. 113; questo è anche, probabilmente, ciò che ha in mente Eisenstadt quando allude alla possibilità di costruire «speciali comparazioni in profondità di natura quasi-sperimentale» (Social Institutions, cit., p. 424). Cfr. anche Mackenzie, La politica e le scienze sociali, cit., p. 151; Eggan, Fred, Social Anthropology and the Method of Controlled Comparison , in «American Anthropologist», LVI (1954) pp. 743–763; Erwin Ackerknecht, On the Comparative Method in Anthropology, in Spencer, R. F. (ed.), Method and Perspective in Anthropology, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1954, pp. 117–125.Google Scholar

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34. Nadel, , The Foundations of Social Anthropology , cit., pp. 222223; Bock, Kenneth E., The Comparative Method of Anthropology, in «Comparative Studies in Society and History», VIII (1966), p. 272.Google Scholar

35. Mill, , A System of Logic , libro VI, cap. 7; cfr. anche libro III, cap. 10 (pp. 874 e 877, 445 della trad. it. cit.).Google Scholar

36. Durkheim, , Le regole del metodo sociologico , cit., p. 120. Ma egli salutò il metodo delle variazioni concomitanti, in cui egli vedeva evidentemente una combinazione dei metodi statistico e comparato, come «lo strumento per eccellenza della ricerca sociologica» (p. 132). Cfr. anche François Bourricaud, Science Politique et Sociologie: Réflexions d'un Sociologue, in «Revue Française de Science Politique», VIII (1958), pp. 251–263.Google Scholar

37. Se l'approccio continentale è spesso preferibile a progetti di ricerca di estensione globale al fine di accrescere la comparabilità, l'approccio limitato a un breve periodo storico può esser preferibile all'analisi storica illimitata, per le stesse ragioni. Cfr. la seguente asserzione di Cyril E. Black: «È molto piú valida una comparazione di eventi e istituzioni contemporanei che di eventi e istituzioni separati da ampi intervalli di tempo. Confrontare società o gruppi che sono alle prese con problemi ragionevolmente simili porterà a conclusioni soddisfacenti con molta maggior probabilità che confrontare società esistite in secoli molto differenti» ( The Dynamics of Modernization: A Study in Comparative History , New York, Harper & Row, 1966, p. 39).Google Scholar

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40. Rustow, Dankwart A., Modernization and Comparative Politics: Prospects in Research and Theory , in «Comparative Politics», I (1968) pp. 4547. Lo studio di aree può anche essere criticato per il fatto che «il suo stesso metodo di delimitazione sottolinea proprietà che possono essere particolari a un gruppo limitato di stati, mentre al contrario un vero studio comparato deve cercare di pervenire a generalizzazioni universali» (Hitchner, Dell G. e Levine, Carol, Comparative Government and Politics, New York, Dodd Mead, 1967, pp. 7–8). Ma a questa tesi si è già obiettata la necessità di generalizzazioni parziali come primo passo; vedi anche Braibanti, Comparative Political Analytics Reconsidered, cit., pp. 54–55.Google Scholar

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49. Braibanti, , Comparative Political Analytics Reconsidered , cit., p. 49. In questo contesto, l'analisi «comprensiva» non è sinonimo del tradizionale approccio monografico, come nella definizione che Eckstein dà del termine: «l'analisi di sistemi politici particolari, trattati esplicitamente o implicitamente come entità uniche» (A Perspective on Comparative Politics, cit., p. 11).Google Scholar

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55. Rosenau, James N., Private Preferences and Political Responsibilities: The Relative Potency of Individual and Role Variables in the Behavior of U.S. Senators , in Singer, (ed.), op. cit. , pp. 1750, in particolare p. 19. Rosenau aggiunge che se «i dati non sono cosí chiari da confermare o falsificare irrefutabilmente l'ipotesi, naturalmente il ricercatore prenderà in considerazione un terzo periodo comparabile». (p. 19). Se questo terzo o anche piú altri periodi si possono ritenere comparabili (il che sembra improbabile nel caso dei particolari problemi di ricerca del Rosenau) essi dovrebbero esser considerati qualunque sia stato il risultato dell'analisi dei primi due periodi (naturalmente se le risorse disponibili lo consentono).Google Scholar

56. Vedi anche l'impiego di «gruppi di comparazione multipla» come approssimazione al metodo sperimentale, che è stato proposto da Glaser, Berney G. e Strauss, Anselm L., Discovery of Substantive Theory: A Basic Strategy Underlying Qualitative Research , in «American Behavioral Scientist», VIII (1965), pp. 512.Google Scholar

57. Curtis, Michael, Comparative Government and Politics: An Introductory Essays in Political Science , New York, Harper & Row, 1968, p. 7. Cfr. anche Macridis, Roy C., The Study of Comparative Government, New York, Random House, 1955.Google Scholar

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59. Naroll, , Scientific Comparative Politics and International Relations , cit., p. 336. Un esempio di studio del genere è la mia analisi dei fattori determinanti del colonialismo olandese nell'Irian occidentale. Nella gran parte dei casi, si possono distinguere tanto fattori oggettivi (specialmente economici) che fattori soggettivi, mentre il caso dell'Irian occidentale è unico per la completa mancanza di oggettivi interessi olandesi nella colonia. Cfr. Lijphart, Arend, The Trauma of Decolonization: The Dutch and West New Guinea, New Haven, Yale University Press, 1966.Google Scholar

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62. Marsh, Robert M. chiama «specificazione» questo processo di perfezionamento delle teorie attraverso l'analisi dei casi devianti. Cfr. il articolo The Bearing of Comparative Analysis on Sociological Theory , in «Social Forces», XLIII (1964), pp. 191196. La specificazione non dovrebbe pertanto esser considerata la «pattumiera» della ricerca comparata: cfr. Conrad Phillip Kottak, Towards a Comparative Science of Society, in «Comparative Studies in Society and History», XII (1970), p. 102. Cfr. anche Gordon, Milton M., Sociological Law and the Deviant Case, in «Sociometry», X (1947), pp. 250–258; André Köbben, J. F., The Logic of Cross-Cultural Analysis: Why Exceptions? , in Rokkan, S. (ed.), Comparative Research Across Cultures and Nations, Paris, Mouton, 1968, pp. 1753.Google Scholar

63. Eckstein, Harry, Division and Cohesion in Democracy: A Study of Norway , Princeton, N. J., Princeton University Press, 1966, in particolare pp. 6077 e 177–201. Una parte della critica che segue è inclusa nella mia recensione a questo libro, in «Journal of Modern History», XLI (1969), pp. 83–87.Google Scholar

64. Truman, David B., The Governmental Process: Political Interests and Public Opinion , New York, Knopf, 1951.Google Scholar

* Affiliazioni plurime a gruppi diversi (N.d.T.).Google Scholar

65. Da un certo punto di vista, non è interamente corretto definire lo studio del caso norvegese uno studio di convalidazione della teoria. Dato che la teoria della congruenza ha una base empirica piuttosto stretta, limitata sostanzialmente a due soli casi (Gran Bretagna e Germania), si dovrebbe definirla un'ipotesi piuttosto che una teoria affermata. Lo studio della Norvegia non può neppure esser definito, naturalmente, uno studio generatore di ipotesi; forse potrebbe esser chiamato uno studio «consolidatore di ipotesi» o, come lo stesso Eckstein ha suggerito, una «verifica di plausibilità» (commento orale alla Tavola Rotonda dell'Associazione Internazionale di Scienza Politica a Torino, settembre 1969).Google Scholar

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